Beacon, NY

Oggi mi sono recato a Beacon (da non confondere col bacon) che si trova ad un centinaio di chilometri a nord di New York City, sulla sponda orientale del fiume Hudson (se guardate la cartina dovete fare quattro zoom out per vedere dove si trova). Per arrivarci sono andato a Grand Central con la subway, lì ho comprato il biglietto (28 $ per andata/ritorno) ed ho infine preso il treno che ha costeggiato per praticamente tutto il tempo il fiume.

Il motivo principale per cui sono andato era per il venissage della mostra di Vincent Cianni, il fotografo del corso The art of photo essay che ho seguito al ICP, che aveva luogo alla galleria Fovea, a Beacon per l’appunto.

Il secondo motivo era la mia intenzione di fare un giro a Newbourgh, che si trova esattamente in faccia a Beacon, dall’altro lato del Hudson. La curiosità di visitare questa città mi è venuta dopo aver visto il progetto di una mia compagna di corso, purtroppo però alla fine non ci sono andato perché non c’era il bus in coincidenza con il mio treno (c’era coincidenza a tutti gli orari tranne il mio) e non aveva senso aspettare il bus successivo (oltre un’ora dopo, alle 14:30) perché tanto poi alle 17 c’era il vernissage.

Ho quindi optato per fare un giro per la Main Street di Beacon e di andare a mangiare qualcosa con calma. Il ristorante che mi ha attirato è stato il Max’s on main e ho ordinato una della specialità di questi giorni (c’era una carta speciale valida solo questa settimana), cioè una skirt steak con una salsa fatta di diversi tipi di funghi, il tutto accompagnato da due birre (prima una Blue Moon e poi Sam Adams Winter).

Per digerire e far passare il tempo ho continuato la passeggiata lungo Main Street, tornando indietro sono stato fermato fuori un negozio di antiquariato (o per meglio dire: di cianfrusaglie) per bere un bicchiere di vino (buono) e mangiare un po’ di formaggio (l’idea del digerire e smaltire il pranzo evidentemente non ha funzionato…) per festeggiare Beacon, visto che ogni secondo sabato del mese festeggiano le arti con eventi di vario genere.

Visto che mancava ancora un po’ di tempo e non volevo stare in giro a prendere freddo, visto che pur essendo una bella giornata era bello fresco, sono entrato in un Coffee Shop (non c’entra nulla con quelli di Amsterdam) di fianco alla galleria, il Bank Square Coffeehouse e -visto che sapevo di non fare più cena- mi son preso una cioccolata calda (che sembrava tanto un’Ovomaltina) e mi son preso un biscottone.

Dopo aver finito finalmente di riempirmi la pancia, mi son spostato al Fovea, dove ho salutato Vincent che mi ha presentato un po’ tutto lo staff della galleria.

La mostra è intitolata Gays in the military: how America thanked me ed è un progetto su cui Vincent Cianni continuerà a lavorare in futuro. Questo riguarda la discriminazione -ed in molti casi l’espulsione dall’esercito- dei soldati gay, prima e durante la legge Don’t Ask Don’t Tell (DADT) emanata da Clinton nel 1993 e abolita lo scorso 20 settembre 2011 da Obama. In meno di 20 anni questa legge ha fatto espellere dall’esercito decine di migliaia di soldati.

Vincent non si limita a fare dei ritratti ma raccoglie le testimonianze audio, quindi alle fotografie viene accompagnato anche testo con un estratto più o meno lungo dell’intervista e c’è anche la possibilità di ascoltare da un iPod le voci degli uomini e donne intervistati dal documentarista.
Al Fovea c’erano una trentina di fotografie, ma il progetto include già oltre 100 persone e il fotografo lo porterà avanti per raccogliere più testimonianze possibili.

Dopo aver letto tutti i testi e guardato tutte le fotografie e aver ascoltato il breve discorso della direttrice della galleria e di Vincent, mi sono avviato per andare a prendere il treno, che ho perso per meno di un minuto, quindi ho aspettato un’ora al freddo, ma ho colto l’occasione per leggere un po’.

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